Dal “transumanesimo” al “nuovo umanesimo”
Oggi viviamo in una società complessa, in cui l’uomo passa dal “di dentro” di un mondo trasmesso che non c’è più ad un “di fronte” a questo mondo fatto di crisi, di critica a Dio, al potere costituito, alle istituzioni. L’uomo divenuto adulto, sempre più tecnologizzato e affrancato dalle forze della natura, fa l’esperienza del potere-di-vivere senza Dio. “L’adultità”, la profezia nietzschiana è compiuta, Dio è morto, l’uomo ne è liberato è nato il “transumano”.
La biopolitica ha condotto al transumanesimo, al nuovo uomo reso capace dalle nuove tecnologie al servizio delle politiche neoliberiste, di vivere il nuovo mondo venuto fuori dai disastri ambientali. Il transumano è l’uomo nuovo plasmato dal capitalismo neoliberista a sua immagine e al suo servizio. È l’uomo “adattato”, “formattato” al nuovo ambiente ostile, in modo che si possa continuare, grazie alle nuove tecnologie al servizio dell’ecocapitalismo, a sfruttare il pianeta e a rendere l’uomo-trasformato capace di abitarlo. Ci troviamo di fronte, dunque, ad una biopolitica che nell’illusione di migliorare la qualità della vita del genere umano trasforma di fatto l’uomo omologandolo ai nuovi principi del consumismo: la biopolitica transumanistica, neutralizzando la diversità, riporta nella storia i parametri dell’assolutismo e della dittatura che oggi assumono il nuovo volto del “mercato” e del “profitto”, nuovi idoli di una contemporaneità dove una parte del mondo “muore di fame” a causa del nostro “morire di cibo”.
Credo che la risposta alla complessità della società contemporanea si possa e si debba trovare nella riscoperta di quella dimensione spirituale che l’occidente ha perduto, dimensione che può contribuire a riportare l’uomo dal “transumanesimo” al “nuovo umanesimo”: l’essenza delle cose, ci ricorda G. W. F. Hegel, è il peso, quella dell’uomo è la libertà. Solo l’uomo è libero di trascendersi oltre le cose materiali, di esserne libero e non schiavo in quanto essere-spirituale.
Ma se Dio è morto, se l’uomo contemporaneo è divenuto adulto avendo imparato a vivere senza Dio, se l’uomo cacciato dal paradiso terrestre si è adattato al nuovo ambiente lontano da Dio evolvendosi dallo spirituale al transumanesimo materialistico, come riscoprire la spiritualità e liberare l’uomo dal peso degli enti? Come renderlo capace, attraverso la spiritualità, di trascendersi e non “ridursi” a ente fra gli enti sfruttabile nelle mani di chi detiene il potere sulla nostra vita biologica (biopolitica) oltre che sociale (democrazia occidentale)?
L’occidente può riscoprire una sua dimensione spirituale nel dialogo con chi questa dimensione non solo non l’ha perduta ma è parte costitutiva della sua cultura: le “spiritualità-altre” come quella orientale. Occorre mettersi in cammino verso la terra degli altri: dobbiamo essere visitatori, stranieri che bussano e aprano le porte alle “spiritualità-altre” per riscoprire quella spiritualità propria, segnata dai valori evangelici, che è andata perduta.
Per fare ciò occorre un processo di “relativizzazione” che non è il relativismo ma il superamento degli assolutismi e delle assolutizzazioni filosofiche, scientiste e religiose: bisogna definitivamente superare il mito della superiorità filosofica, scientifica e religiosa dell’occidente rispetto alle altre culture. Bisogna infatti ricordare che in sede storica l’assolutismo dei saperi è ormai superato: Karl Popper definisce la scienza come conoscenza “fallibile”, critica il metodo scientifico tradizionale affermando che la scienza non è un sistema infallibile di verità certe ma un insieme di congetture confutabili. La fallibilità fa parte del metodo scientifico. In sede filosofica l’illuminismo, con l’idea di una ragione assoluta e forte, è fallito smentito dalla storia stessa che anziché andare in una direzione univoca e progressiva verso la società perfetta guidata dalla ragione è andata a sbattere contro il muro dei fallimenti, degli orrori e delle dittature del novecento. Quel mondo perfetto segnato dall’assenza pubblica delle religioni spinte nel privato non si è mai realizzato. In sede filosofica si è inaugurata l’epoca post-illuminista del “pensiero debole”. In sede religiosa basti pensare al fides quarens intellectum Agostiano per cui i contenuti di fede possono essere compresi, spiegati ma mai dimostrati. Ogni sapere è limitato rispetto al tutto, per cui non può più esistere l’idea e la pretesa di una filosofia, di una scienza o di una religione che, in quanto “occidentale”, è assoluta e superiore alle filosofie, alla scienza e alla religione delle altre culture.
Per superare l’attuale materialismo transumanistico di matrice biopolitica occorre che l’occidente riscopra la sua “anima spirituale”, ma per fare ciò occorre ripartire dal DNA del cristianesimo che è la relazionalità. Il cristianesimo è una “spiritualità relazionale”, incarnazionista: l’incarnazione del suo messaggio si realizza nella forma dell’alterità e a partire dall’alterità che si incontra, da cui il pluralismo dell’unica verità cristiana che è la persona di Gesù di Nazareth.
L’essenza del cristianesimo non è l’assolutizzazione della sua verità ma la “relativizzazione” costitutiva di essa nella relazione con l’altro. Riconoscere il valore della verità dell’altro non sminuisce il valore della propria verità, ma porta a non assolutizzarla e a renderla, invece, dialogica.
La mia idea di fondo è che in una società come quella occidentale segnata dal capitalismo tecnocratico, dal nichilismo e dal consumismo-individualistico, la grande spiritualità delle religioni, nel dialogo tra loro e con le culture laiche che mettono al centro della loro riflessione la persona umana, è “risposta di senso” al nichilismo contemporaneo e liberazione dell’uomo dal peso alienante del materialismo.
Nuccio Randone, Docente di Religione con Licenza in Teologia Morale
Ottimo e completamente condiviso