Alla scoperta dei tesori d’Etruria
Un meraviglioso viaggio presso Antiquitates, un centro di archeologia sperimentale,
in provincia di Viterbo, per un PERCORSO VILLANOVIANO-ETRUSCO.
Giorno 08 marzo 2023 alle ore 20,00 di sera, alcuni alunni del liceo Gorgia-Vittorini (23 alunni) di Lentini, guidati dalla Prof.ssa Milanesi Giusy, docente di materie umanistiche, latino e greco e dalla Prof.ssa Inserra Elena, docente di storia e filosofia, si sono dati appuntamento presso la stazione ferroviaria di Lentini per intraprendere un misterioso ed affascinante viaggio, alla scoperta di tesori nascosti. La meta: il centro di archeologia sperimentale Antiquitates in provincia di Viterbo.
A pochi passi da Blera, nel borgo di CivitellaCesi, Antiquitates, si trova immerso in un paesaggio incontaminato nel cuore della Tuscia viterbese dove la natura, gli animali e il silenzio sono i protagonisti. La Dimora degli Etruschi è una struttura ricettiva dalle mille risorse, location perfetta per ospitare studenti amanti dell’archeologia. Ad Antiquitates è possibile fare un tuffo nel passato pernottando nel villaggio protostorico in spaziose capanne. Presso la struttura ha sede anche un Parco Didattico di Archeologia Sperimentale e un vero e proprio Centro di Ricerca i cui spazi laboratoriali possono soddisfare diverse esigenze nell’organizzazione di corsi e workshop. L’Osteria del tempo perso poi è una grande capanna simile a quelle usate in passato dai famosi butteri maremmani nella quale è presente una sala ristorante che raggiunge i 70 coperti dove vengono serviti piatti semplici, gustosi e genuini frutto delle più tradizionali ricette locali. In questo luogo i ragazzi hanno avuto modo di imparare giocando immersi nella meravigliosa natura circostante. Le giornate intense, fuori dalla normale routine di ogni giorno. I giovani aspiranti archeologi, hanno visitato le capanne preistoriche, dopo aver ascoltato con interesse una breve lezione teorica sul Paleolitico e il Neolitico. A seguire hanno partecipato agli interessanti laboratori di pittura rupestre e hanno realizzato pitture su tavolette usando proprio le tecniche preistoriche. Dopo muniti di secchiello, paletta e spazzolina hanno simulato degli scavi in un cantiere appositamente riprodotto alla ricerca di tesori nascosti. Poi, fra le tante attività svolte, la realizzazione di un vasetto in argilla con la tecnica del colombino tra le più antiche tecniche utilizzate per la foggiatura di vasellame in ceramica. Questa viene eseguita modellando, a mano o con delle apposite trafile, dei lunghi “serpenti” della dimensione di un dito circa o più, a seconda della grandezza del manufatto. Una volta pronti i colombini si cominciano ad arrotolare sul perimetro di una lastra di argilla, della forma desiderata, preparata in precedenza. Tra un colombino e l’altro viene applicata la barbottina, una miscela cremosa di acqua e argilla polverizzata, che fa da legante tra i vari strati di argilla che si sovrappongono. Mano a mano che si cresce con le dimensioni del pezzo i colombini vengono saldati tra di loro sia all’interno che all’esterno dell’oggetto utilizzando appositi utensili o semplicemente plasmandoli con le dita. Un altro laboratorio interessante è stato quello che ha visto i ragazzi intraprendere un vero e proprio viaggio dei sensi lungo l’itinerario dei diversi modi di vivere l’ideale della bellezza da parte degli etruschi: il popolo che ha saputo elevare la cura del corpo a simbolo eterno del proprio indiscutibile e aristocratico fascino. I luoghi termali, i profumi, gli unguenti, le erbe medicinali, l’arte cosmetica con i suoi strumenti fatati, hanno rappresentato la trama di un’unica misteriosa e appassionante storia. A raccontarla sono stati gli oggetti stessi che compongono la toeletta di una donna etrusca straordinariamente moderna: solo le immagini mute, dopo quasi tremila anni, sanno ancora riflettere, nel fondo dorato di uno specchio, la sua incorrotta ed ineffabile bellezza. Teopompo, nel libro CLIII della sua storia, dice che: …presso i Tirreni le donne sono tenute in comune, che hanno molta cura del loro corpo e che si presentano nude, spesso, tra uomini, talora fra di esse, in quanto non è disdicevole il mostrarsi nude. Stanno a tavola non vicino al marito, ma vicino al primo venuto dei presenti e brindano alla salute di chi vogliono. Sono forti bevitrici e molto belle da vedere. (Ateneo, in “Deipnosofisti”, XII, 517 d).
Un altro momento molto interessante è stato quello dell’accensione del fuoco con le tecniche usate nella preistoria. I ragazzi sono rimasti tutti stupefatti! Che dire poi della splendida visita fatta a piedi (14 km fra andata e ritorno), presso l’antico abitato Villanoviano / Etrusco di San Giovenale?
In questo luogo gli scavi furono coordinati direttamente dal Re archeologo Gustavo Adolfo VI di Svezia attorniato (nello scavo a mano) da Regina e Principesse. Il vero nome del sito è andato perduto ed il nome di San Giovenale deriva da quello della chiesa, ora in rovina, costruita sul pianoro dell’acropoli. Può sembrare strano, ma questo sito è stato scoperto “solo” tra il 1956 ed il 1965.Il suo ritrovamento lo si deve al gruppo archeologico dell’Istituto Svedese di Studi Classici di Roma. La caratteristica principale di San Giovenale è la presenza di un “vero” abitato Etrusco chiamato da Re Gustavo il Borgo, anzi di un abitato che, partendo dall’età del Bronzo e passando per quella del Ferro, è arrivato fino al periodo arcaico Etrusco.
Durante la permanenza in questi luoghi, il gruppo non poteva non visitare la vicina città di Viterbo. Così con la nostra splendida e preparatissima guida, la dottoressa Romeo Tiziana, abbiamo visitato le terme, dove abbiamo anche fatto il bagno e il centro storico risalente all’epoca medievale, cinto da mura antiche risalenti al XII sec d.C. Viterbo, nota da sempre come “La Città dei Papi”, nel Medioevo ricoprì il ruolo di Capitale della Cristianità e per molto tempo rimase sotto l’ala protettrice del sistema Pontificio. La via Consolare n.2, la Cassia, fino a poche decine di anni fa, nel suo ottantesimo chilometro, attraversava il centro di Viterbo. Alla fine del secolo scorso si provvide a dirottare il traffico in una nuova sede stradale, che avrebbe costeggiato dall’esterno le mura castellane da Porta Romana a Porta Fiorentina. La circonvallazione, che per la maggior parte del percorso porta il nome del Cardinale viterbese Raniero Capocci, non è più come settanta anni fa, una strada fuori di Viterbo. Se da un lato sono restate le mura e le torri merlate, dall’altro sono sorti nuovi quartieri, i Cappuccini, il Paradiso, l’Ellera, la Palazzina. Il nostro gruppo percorrendo il viale Raniero Capocci, ha visto a distanza una meravigliosa cupola sullo sfondo delle mura. La nostra meta, quindi, è diventata quella cupola e dopo un breve cammino, all’inizio di una salita, comprendiamo che lì si trova il santuario di Santa Rosa e grazie alla nostra guida, conosciamo la sua storia.
Finisce qua la nostra meravigliosa avventura. A questo punto un pensiero e un grazie va ai nostri meravigliosi alunni del liceo Gorgia Vittorini per la loro educazione, rispetto e amore verso il bene pubblico da parte nostra, i docenti accompagnatori, il preside, le vicepresidi, la scuola tutta. Appuntamento all’anno prossimo per poter realizzare un altro progetto di archeologia sperimentale interessante che abbia come scopo la cultura intesa, citando Ranucci Bianchi Bandinelli, come “comprensione critica del passato”.
Prof.ssa G. Milanesi