Mohican: sulle note della speranza
Stupisce e affascina lo spettacolo andato in scena al teatro Metropolitan di Catania, il 19 ottobre, a cominciare dal titolo: Mohican, che riporta alla mente un grande classico della letteratura: L’ ultimo dei Mohicani di J. Cooper . In realtà, siamo ben oltre. Fin dalle prime attute, scambiate a sipario chiuso, scopriamo una compagnia teatrale che, nella persona del suo direttore, Carlo Tedeschi, ci racconta di un “Piccolo paese fuori dal mondo”, presso il Lago di Monte Colombo ( RN), di una fondazione ( Leo Amici), in cui l’ arte si intreccia con la solidarietà e diventa faro per molti giovani in cerca di una loro realizzazione, miracolosamente compiuta proprio a teatro, in quella dimensione magica,
in cui vestire i panni dell’ “altro”, può essere la via per scoprire se stessi. Mohican diventa una storia attuale, declinabile nel presente, perché intrisa di sentimenti, valori e dolori, che riempiono ancora la nostra quotidianità. Ci dice che le vicende dei singoli individui, spesso, prescindono dalle loro scelte, che ci si trova a combattere su fronti diversi per un
puro gioco del destino, ma ci si può fermare per un atto d’amore. Quando la ragione sembra retrocedere davanti alla violenza e imperversa la lotta tra chi difende la propria terra e chi difende il sogno di una vita migliore, a fare la differenza sono le donne, più precisamente le madri: un’indigena e un’ inglese, entrambe portatrici di vita,
perché in loro si estende e rivive il potere della Madre Terra. Ed è proprio la vita ad avere la meglio, racchiusa nel pianto di un bambino, che viene alla luce e passa dal grembo di una madre alle braccia di un’ altra madre. Quel bambino diventa simbolo e promessa di pace, possibilità di vivere insieme nella stessa terra e nello stesso villaggio, a dispetto di ogni pregiudizio. Prende corpo il sogno di un mondo diverso, in cui le storie personali si intrecciano e si
illuminano, in cui una ragazza di nome Elian balla un valzer con un giovane di nome Mohican, ma insieme ascoltano la musica di una natura, che elimina ogni distanza e li stringe in un abbraccio senza tempo. Mohican si rivela più di uno spettacolo coinvolgente e dall’ intreccio ben strutturato, risulta essere lo specchio di quei valori, che possono
illuminare il cammino dell’ uomo e rendere possibile quel sogno di fratellanza. C’è l’amore nella sua dimensione autentica e totalizzante, ma c’è anche l’amicizia che diventa riconoscenza ed ha il volto del giovane portoghese, sfuggito da bambino alle fauci di un coccodrillo, grazie al coraggio di Mohican. C’è l’ospitalità, arma potente contro la
paura di ciò che non conosciamo, la stessa che ci rende sospettosi e inutilmente agguerriti, come gli incauti esploratori smarriti nella foresta, pronti a deporre le armi davanti ad un porta che si apre e al cibo condiviso. Ci sono le note di un valzer che si intrecciano con i ritmi tribali, a raccontarci una storia di diversità e ricchezza. Le impeccabili coreografie di Gianluca Raponi e Matteo Mecozzi, in perfetta sinergia con le musiche di Emanuele Tedeschi, rendono Mohican un’opera completa e profondamente equilibrata da un punto di vista artistico, ma ne fanno anche una sintesi di bellezza e speranza in un’ umanità che può ancora salvarsi, a patto che ciascuno di noi riesca ad ascoltare la vera musica che ha dentro di sé: quel battito di vita, che può fare di ogni uomo, un “universo” nell’Universo.
Prof.ssa Rosa Caminito
Catania, Teatro Metropolitan