Tra scienza ed etica
Al giorno d’oggi l’avanzare e il dilagare di nuove tecnologie è sempre più frequente; basti pensare alle numerose scoperte in ambito scientifico (fisico, astronomico, medico) di cui veniamo informati tutti i giorni. Tutto questo dovrebbe però farci riflettere: ci siamo mai chiesti se sia moralmente corretto il progredire senza freni di ricerche e sperimentazioni umane? Al fine di fare da ponte tra la parte morale e quella assolutamente scientifica della vita è nata, nel 1917, la bioetica: una disciplina filosofica che si occupa di questi argomenti.
Le considerazioni in merito all’argomento sono numerose e svariate: c’è chi per credenza religiosa ritiene eticamente scorretta perfino la donazione del sangue; c’è chi al contrario è propenso a incoraggiare i progressi scientifici. A mio avviso, come nella maggior parte dei divari creatisi nel corso del progredire umano, il giusto connubio tra le due parti opposte si trova a metà strada; in questo caso la via di mezzo di cui si parla non è precisamente definibile, ma si potrebbe comunque partire da una linea guida: ciò che è utile all’uomo per migliorare la sua qualità di vita contro ciò che modifica le qualità stesse dell’uomo, interventi quindi superflui che in fondo non mirano a migliorare la sua condizione. Per delineare meglio quanto scritto sopra si potrebbe parlare di qualcosa di concreto. Come sappiamo, il cervello è il nostro organo più complesso dato che, tutte le nostre facoltà motorie e intellettive, derivano non dai singoli neuroni ma da innumerevoli connessioni che intercorrono tra essi. Ancora oggi la conoscenza di quest’organo è piuttosto parziale e molti neurologi stanno lavorando per acquisire sempre più informazioni. Ma a cosa possono servire queste informazioni? Se queste possono rendere possibili cure al fine di intervenire su malattie neuro-degenerative fin’ora incurabili, allora non vedo perchè si dovrebbe porre un limite alla straordinaria ricerca umana. Se al contrario queste informazioni servissero per migliorare e potenziare le qualità intellettive del singolo, allora mi mostrerei in disaccordo. Perchè l’uomo dovrebbe usare la sua intelligenza per ridurre l’umanità a un mucchio di robot omologati e cancellare così le attitudini e peculiarità del singolo?